Mi rivolgo alle pie signore di Bologna, alla loro predisposizione benefica nei confronti dei più bisognosi. Mi rivolgo a voi che volete alleggerire i vostri peccati donando manciate di monete a chi ritenete più sfortunato, o sfigato, che andate sempre a messa e lasciate l’obolo nelle chiese speranzose di un posto in prima fila in paradiso.
Iniziamo dal principio. Dio creò il giorno e la terra…NO! Non così principio, un po’ più recente! Qualche giorno fa mi trovavo sotto casa ad aspettare mia moglie mentre era salita con il fratello. Me ne stavo tranquillo a “spippolare” con il mio iPhone, quando una signora si avvicina porgendomi la mano con dentro delle monete. Qualche secondo di smarrimento e gli dico:
“No, non ne ho bisogno” che poi qualche moneta fa sempre comodo, ovvio, quel che non ho bisogno, soprattutto non voglio, è l’elemosina.
“Dai…” la solerte “crocerossina” delle disgrazie altrui non ha ben percepito il mio dissenso e insiste. Chissà, magari pensa sono timido…
“Signora per cortesia, vada dritto…” e a questo punto sembra aver capito, desiste dal suo quotidiano gesto di bontà e sparisce in un negozio vicino.
Sinceramente, da quando sono a Bologna ogni volta che mi fermo ho sempre la sensazione che alla fine qualcuno venga a darmi un contentino misericordioso, lo vedo dallo sguardo. Non mi ha quindi sorpreso più di tanto, anche se non mi lascia una piacevole sensazione, chiaro. Non penso sicuramente lo abbia fatto per cattiveria, anzi, ma certo con tanta ignoranza e superficialità. Associare disabile = bisognoso è veramente banalotta, se si vede come il bisognoso che va in strada a chiedere l’elemosina. Tra l’altro di persone in carrozzina a chiedere monetine né avrò vista una in tutta la mia vita.
Va bene, gli stereotipi, chiudiamola così.
Ieri sempre in giro per la città, me ferma un ragazzo: “Scusami, hai qualche moneta?”. Ecco invertite le posizioni. Mannaggia, non ne avevo, potevo averle prese dalla pia signora e usate adesso. Peccato.
Mi risollevo il morale ma solo per pochi metri. Una signora, più anziana di quella raccontata in precedenza, mi ferma e con il sorriso:
“Ciao, come ti chiami?”
“Max…” rispondo cortesemente, che poi uno si chiede, ma si ferma la gente per chiedere come si chiama? Tipo come ai bambini “Ciao piccolino bellino, come si chiama questo cucciolotto??!” vediamo per caso tutti che fermano tutti per chiedere il nome? Si sa, il disabile fa sempre storia a se.
“Mi spiace tanto…” continua la vecchietta. Sarà la solita che vuol provare empatia per la malattia altrui? Macché, gli dispiaceva nel senso che…”Mi spiace tanto che non ho una moneta da darti…”.
A no! Rieccoci con la moneta!
“No, guardi signora, sono sposato, lavoro, non sono ricco, ma neanche da monetina”.
“Oh, come sono felice per lei…” risponde sorridente la pia signora.
“Posso darti un bacetto?” ecco che la signora spoglia dei suoi doveri di benefattrice adesso passa al desiderio di contatto stile nonna – nipotino.
“No, vedo che porta il rossetto e mia moglie è sicula, gelosissima!”. Rispondo sorridendo e innescando in lei una grassa risata che ci fa allontanare entrambi pieni di gioia per questo incontro (???).
Ecco il riassunto delle monetine bolognesi.
Quindi, da questa storia quali equazioni ne escono? Il ragazzo povero vede nel disabile uno che può aiutarlo con qualche monetina, la donna facoltosa o di normale conto corrente vede il disabile come uno che ha bisogno delle sue monetine…
Morale?
Le monete hanno sempre una doppia faccia.
Alla prossima.
